IL Setter e le Spighe

Il setter

IL Setter e le Spighe

Il Setter e le Spighe.

Ore 7:00 all’incirca, un venticello mi sfiorava la base del collo e la rugiada appoggiatasi al terreno e alle erbe che lo ricoprono, bagnava sin dal primo passo mosso,i miei sempre troppo leggeri pantaloni sgualciti di cotone e fustagno. Profumo nell’aria di polvere e i raggi di Re sole che di già scaldavano la mia camicia verde, allacciata “alla meno peggio”.

Agosto mese molto ambito dagli incalliti amanti del mare e della tintarella nelle ore diurne. Per chi come me invece non sopravviverebbe senza alimentare in qualsiasi momento libero (e non) la passione cinofila e venatoria, significa addestramento, sacrifici e grandi emozioni.
Ancora completamente acerbo sul vastissimo mondo dei cani e della caccia, orgoglioso, mi dilettavo nel cercare di addolcire un giovane esemplare di Epagneul Breton regalatomi da mio padre due o tre mesi prima all’incirca.

Dick, infaticabile galoppatore, con il suo muso squadrato bianco- arancio non era molto avvezzo alla “penna”, con il costante impegno e l’ineguagliabile spirito di sacrificio però, mi rendeva padrone del più bel epagneul breton d’Italia! Ma che dico del Mondo! Senza però perderci nei meandri della moltitudine di emozioni che era in grado di generare in me quel cane (sia negative che positive).

Quella mattina mi trovavo in un bel paradiso, in luogo nel quale sono cresciuto sia anagraficamente che “venatoriamente” parlando : l’Altopiano dell’ Alfina.

Ebbene si, ex pista aeroportuale della seconda grande guerra, una vasta pianura che rappresenta la giunzione tra i paesi di confine di Lazio ed Umbria, ed io originario di un paesino appena fuori la “grande piana”, Viceno, ero li a cercar di insidiare le “malandrine Africanelle”.

Dopo qualche bel passaggio in giro per erbe mediche, tornando a noi, cercando di far capolino in qualche area di grano duro non ancora solcato dalle incessabili mietitrebbie, vidi in lontananza una sagoma, con a fianco un ausiliare di cui inizialmente non conobbi la razza, che mi faceva segno amichevolmente di raggiungerlo.
Mi accinsi ad avvicinarmi a lui quando, il mio “canaccio” convinto di fare cosa gradita prese a rincorrere due o tre caprioli che saltellando fecero impazzire le mie corde vocali e anche le sue.

Si presentò col nome di Roberto M.

Standogli di fianco percepivo una sensazione strana, quell’uomo “puzzava” di saggio, vestito bene, ma non troppo.
“Vedi ragazzo” esordì, vedevo i capelli ricci grigi arruffati ed il collo muoversi su e giù dal bordo di una camicia a quadratoni di un tessuto “antico”.

“Se sei interessato a cacciar fagiani, starne o beccacce per queste zone, ci voglion cani come lui!”.

Un bellissimo esemplare di Setter inglese tricolore ci sfilò tra i piedi, fremendo, vibrando, come un pilota mentre si accinge a salire sul mezzo prima della partenza.
“Vai Zac!” e fu proprio li in quei dieci minuti durante i quali accompagnai Roberto che rimasi folgorato, come d’incanto, da sua maestà Il Setter!

Come una libellula sull’acqua solcava le stoppie, alla ricerca di un minimo effluvio per far giungere me ed il padrone al suo servizio. E fu proprio qualche momento dopo averlo sguinzagliato che lo vidi stendersi a terra come un gatto, una lince o volpe, cercar di avvicinarsi furtivo all’odore che gli riempiva il naso. Esterrefatto da tale curiosa capacità felina mi ripetevo che la linea sdraiata a terra, le lunghe frange, la coda possente ed il muso dotato di grandi labbra, sarebbero state le caratteristiche del prossimo nuovo compagno di ” stanza” di Dick. Il setter inglese. 

Poco dopo però Roberto tuonò: ” Come giungeranno, nel rincorrersi, a quelle spighe rimaste intatte laggiù le strade della quaglia e del cane si divideranno per sempre” e fu cosi.

In un sussulto a bocca aperta la “quaglietta” volò via inerme, il mio cuore invece rimase con Zac e tutto quello che rappresentava. Stile, Leggiadria e Passione!
Roberto,poi scoprii, biologo e amante della natura oltre che della caccia, oggi non c’è più, stroncato troppo presto, ma il mio pensiero spesso torna alle  nostre lunghe storie,alle sue amate spiegazioni.

Foto e testo di Leoni Elia

Orvieto (Terni)